Sanremo 2025, le canzoni: il ritorno delle ballate

Il ritorno della canzone sanremese classica: quasi la metà delle canzoni in gara al Festival edizione 2025 sono ballate. Un genere che l’anno scorso sembrava in netto declino, soppiantato dal pop con la cassa dritta - che c’è ancora in grande quantità, beninteso. Ma il Sanremo di Carlo Conti torna a tenere un piede ben saldo nella tradizione.
Sono le prime impressioni agli ormai tradizionali pre-ascolti per la stampa, che si sono svolti oggi negli studi Rai di Milano e Roma.
Lo ribadiamo ogni anno, sono prime impressioni: le canzoni si capiscono davvero sul palco dell’Ariston e nella resa televisiva. Ma queste prime impressioni delineano un passo indietro, o quantomeno un livello generale non altissimo: probabilmente era meglio rimanere a 24 brani come inizialmente annunciato, perché tra le 30 ce ne sono alcune davvero dimenticabili. Conti, da par suo, racconta che ce n’erano almeno altre 6 che poteva inserire e rivendica la varietà della proposta, lamentando solo l’assenza del rock.
Sanremo non è certo lo spazio dell’avanguardia, ma la maggior parte degli artisti vanno sul sicuro (“stanno nella loro comfort zone”, si direbbe oggi), spesso ripetendo o aggiornando formule che hanno già portato su questo palco, o che qua hanno avuto fortuna. Insomma: si rischia poco, nelle scelte (e anche nelle proposte).
La favorita e le proposte che convincono di più
C’è con ogni probabilità una grande favorita ed è Giorgia, che ha in “La cura per me” (firmata da Blanco e Michelangelo) quella che è probabilmente la “Brividi” o la “Due vite” del 2025 - ma attenzione anche a Olly, che ha dalla sua un pubblico più giovane e attivo e una ballata a regola d’arte per il palco.
A me personalmente hanno colpito soprattutto “Eco” di Joan Thiele, le canzoni di Dario Brunori e Lucio Corsi (da cui mi aspettavo molto e che non mi hanno deluso), così come Willie Peyote, con una canzone densa, che non si tira indietro sull’attualità. Che è pochissimo presente, nei testi: “Si parla più del micromondo che del macromondo, delle relazioni personali: forse è un modo di sfuggire dal mondo che ci circonda”, spiega Conti. Insomma amore e cuore, anzi “cuoricini” per dirla alla Coma-Cose. Tony Effe, il più atteso, fa il Califano romano e romantico, Fedez si gioca la carta del racconto del disagio. Niente dissing, per ora.
Altre note: poche sorprese tra gli autori: Calcutta con i Kolors, Tiziano Ferro e Nek con Ranieri, Madame per Clara. Molte canzoni a più mani con le firme consolidate del settore tanto che le canzoni scritte da una persona sola sono solo due (Brunori e Modà, più Corsi che co-firma con Tommaso Ottomano). Anche qua, non sembrerebbe essere voluto - Conti dice di averle scelte senza sapere chi aveva firmato - ma la certificazione di un processo ormai consolidato.
Istruzioni per l'uso
Ecco le prime impressioni brano per brano, che si focalizzano su come suonano e cosa raccontano i brani: per ora niente voti. Per le pagelle c’è tempo, perché è troppo presto per esprimere giudizi definitivi e tranchant e per capire davvero che Sanremo sarà - anche se qualche idea ce la siamo già fatta, dopo oggi.
Marcella Bella - “Pelle diamante”
Marcella Bella, Senatore Cirenga, Alessandro Simoncini, Pasquale Mammaro e Marco Rettani.
Cassa dritta e un testo che gioca a modo suo con l’empowerment femminile, e un po’ si autocita: ricordate quando si presentò a Sanremo nel 2005 con la scritta “Uomo bastardo” sul vestito? Quest’anno canta: “Forte, tosta, indipendente/Pelle come diamante/Non mi fa male niente/Stronza, forse, ma sorprendente Una mina vagante”. Cerca l’effetto Ricchi e Poveri dell’anno scorso.
Serena Brancale - “Anema e core”
Serena Brancale, Federica Abbate, Jacopo Ettorre, Mattia Finotti e Niccolò Lazzarin (Cripo).
Una canzone che gioca con il ritmo, mettendo assieme melodia mediterranea (omaggiando, nelle intenzioni della Brancale, Pino Daniele) e suoni latini, anche nel testo che “celebra l’essenza più autentica dell’amore”. Da risentire e vedere sul palco: “Stanotte saremo due stelle del cinema, italo-americano/Dammi un bacio su un taxi cabrio, un bacio che s’adda veré/Baby I love u, Nenné ti amo, non lo so se ti suonerà neo-melodico, ma stanotte ti dedico: Anema e Core”.
Bresh - “La tana del granchio”
Bresh, Luca di Biasi, Giorgio De Lauri (Jiz), Luca Ghiazzi.
Il genovese Bresh presenta una ballata molto classica, ma con un testo che usa una metafora marinara per sfuggire dagli stereotipi del genere romantico, lasciando aperta l'interpretazione: “Nella tana del granchio c’è una canzone/Ho posato i miei vestiti al sole/Ti ho vista piangere dietro alle mie parole/Ma non sapevo cos’altro dire di te/Ora che siamo soli mi puoi pure parlare”.
Anche questa, più delle altre, da risentire sul palco per vedere come rende.
Brunori Sas - “L’albero delle noci”
Dario Brunori
Una delle migliori canzoni del gruppo, scritta in solitudine - e per questo Festival è una rarità. Parte piano e voce poi diventa un midtempo, ricalcando in maniera magistrale la tradizione dei cantautori a cui Brunori fa riferimento. Un arrangiamento semplice, con un testo che racconta la genitorialità ma anche parlando dei lati oscuri della vita: “E a tutta questa felicità io non mi posso abituare/Perché conosco il sogno del faraone/Le vacche grasse e le vacche magre/E che si può cadere da una distanza siderale (…)Vorrei cantare senza parole/Senza mentire/Per paura di farti soffrire”.
Clara - “Febbre”
Clara Soccini, Jacopo Ettorre, Madame (ufficialmente è chiamata Calearo), Dario Faini e Federica Abbate
Parte voce e orchestra, poi entra la cassa dritta, poi rallenta e riparte: Clara prova ad unire due mondi, quello della canzone classica e quello della sua generazione. Ma non si allontana molto da quello che ha già presentato su questo palco, e anche il testo non incide particolarmente, almeno a questo primo ascolto: “Io sono fatta così alle feste chic/Sola su un terrazzo/Tutti fanno bling bling io nemmeno mi piaccio/Non dire ‘je t’aime’/Dimmelo se ciò che provi è solo febbre”.
Lucio Corsi - “Volevo essere un duro”
Lucio Corsi e Tommaso Ottomano
Era attesa come una delle proposte più “alte”, non delude: nell’essenza è un’altra ballata, ma con un arrangiamento che tra archi e chitarre ha un sapore anni ’70 quasi alla Elton John, e un testo che gioca con gli stereotipi del machismo: “Volevo essere un duro/Che non gli importa del futuro (…) Però non sono nessuno/Non sono nato con la faccia da duro/Ho anche paura del buio/Se faccio a botte le prendo/Così mi truccano gli occhi di nero”.
Coma_cose - “Cuoricini”
Coma_Cose con Antonio Filippelli e Gianmarco Manilardi.
Dopo le ballate delle precedenti edizioni, questa volta il duo arriva con un pezzo iper-pop che parte con cassa dritta, confermando le scelte fatte con gli ultimi singoli: il testo, come intuibile, racconta con leggerezza delle relazioni ai tempi dei social media: “Con lo sguardo verso il cielo/Tu mettevi solo/cuoricini, cuoricini/Pensavi solo ai cuoricini, cuoricini/Stramaledetti cuoricini, cuoricini/Che mi tolgono il gusto di sbagliare tutto/Poi mi uccidi, poi mi uccidi/Quegli occhi sono due fucili, due fucili/Che sparano sui cuoricini, cuoricini”. Pronta per essere un tormentone (ma sinceramente li preferivo con il pop precedente, un po' più raffinato).
Simone Cristicchi - “Quando sarai piccola”
Simone Cristicchi, Amara e Nicola Brunialti.
Una canzone delicata, come è delicato il rapporto dei figli con i propri genitori quando invecchiano e la memoria e l’autonomia iniziano a vacillare. Punta deliberatamente a commuovere, e ci riesce: “Quando sarai piccola ti aiuterò a capire starò vicino come non ho fatto mai. (…) Se ti chiederai il perché di quell’anello al dito ti dirò di mio padre ovvero tuo marito/Ti insegnerò a stare in piedi da sola, a ritrovare la strada di casa/Ti ripeterò il mio nome mille volte perché tanto te lo scorderai”. Cristicchi è anche un bravo interprete teatrale: da vedere come la renderà sul palco.
Tony Effe - “Damme ’na mano”
Tony Effe, Luca Faraone, Davide Petrella e Diego Vincenzo Vettraino (Drillionaire).
Il personaggio più atteso, quello che è diventato suo malgrado (?) icona della libertà d’espressione, si presenta in maniera iper romantica, una sorta di Califano 2.0, pure citato esplicitamente nel testo: “Ogni notte è per sempre/Per le strade di Roma/E non fare la stupida stasera/Tu non sei mai sincera/Tu sei pericolosa/Lo so che morderai la mela/Ma di noi cosa direbbe Califano”.
Un po’ di autotune, qualche parte più recitata che rappata, una chitarrina per una canzone dove l’amore romantico non è per una donna, ma per la città eterna, con qualche gioco sugli stereotipi: “Sono il classico uomo italiano/Amo solo mia madre Annarita/La domenica ti lascio sola”. Ma tutto sommato si presenta in maniera innocua (e non avevamo dubbi).
Elodie - “Dimenticarsi alle 7”
Elodie, Davide Petrella e Davide Simonetta
Una canzone che unisce orchestra ed elettronica, melodia e cassa dritta: Elodie vuole consolidare e rilanciare il suo personaggio con un pezzo ambizioso, che poi nella sua parte centrale sembra richiamarsi alla canzone classica italiana, al modello di Mina (fatte le dovute proporzioni, ovviamente): “Dimenticarsi alle sette/Così di un giorno qualunque/Mentre si parla di niente/Lì seduti in un bar/Può capitare a chiunque, ma a noi no/Ma che strano effetto che fa/Mandare giù/la verità”. Non proprio una canzone da stadi, dove si esibirà la prossima estate.
Fedez - “Battito”
Fedez, Alessandro La Cava, Federica Abbate e Niccolò Lazzarin (Cripo).
Fedez si gioca la carta del racconto del disagio con una canzone dichiaratamente sulla depressione, ormai un genere a parte già passato anche al Festival: “Affronto una guerra da disarmato/Ho alzato barriere di filo spinato/Ma le ho sempre messe nel lato sbagliato/Mi sento annullato/Dottore che cosa mi ha dato socialmente accettato/Anestetizzato da un metodo legalizzato”.
Alla serata Sanremo Giovani l’avevamo visto effettivamente molto provato, ma la canzone è invece un uptempo con cassa dritta (ovviamente si sente un battito del cuore) e parti rappate, che vira al pop nel ritornello: “Dentro i miei occhi/Guerra dei mondi/Tu mi conosci/Meglio di me/Vorrei guarire”.
Francesco Gabbani - “Viva la vita”
Francesco Gabbani, Carlo Gabelloni, Pacifico, Davide Simonetta, Andrea Vittori e Giuseppe Zito.
Una ballatona dai toni anni ’60, che allontana i tempi di “Occidentali’s Karma” che segnò l'era del primo Conti. Un’apertura e un crescendo molto classico, con un ritornello efficace, motivazionale: “Stesso fuoco dentro/Insieme due paralisi faranno movimento/Insieme due romantici alle porte dell’inferno/Viva la vita così com’è/Viva la vita questa vita che è solo un attimo/un lungo attimo/Viva la vita finché ce n’è”.
Gaia - “Chiamo io chiami tu”
Gaia Gozzi, Davide Petrella e Simone Tognini (Zef).
Dopo il successo del tormentone estivo, Gaia si presenta con una canzone che più che sanremese è un altro tormentone estivo (in anticipo): ritmo reggaeton e ritornello che ripete decine di volte “Chiamo io chiami tu”. Carlo Conti batte le mani durante l’ascolto: la canzone è pensata per quello, per non far restare fermi (ma non sembra particolarmente originale, al primo ascolto).
Giorgia - “La cura per me”
Giorgia, Blanco e Michelangelo.
La “Brividi” e la “Due vite” del 2025? Blanco e Michelangelo firmano una ballata che parte minimale piano e voce per esaltare la voce di Giorgia: si apre poco per volta, con il ritornello che le permette di volare, con un finale con un bel cambiamento di ritmo: “Non so più quante volte ti ho cercato/Per quegli occhi, per quegli occhi che fanno da luna/Non so più quante notti ti ho aspettato/Per finire a ingoiare tutta la paura di rimanere sola In questa stanza buia/Solo tu sei la cura per me”
Parte da favorita: dopo X Factor è in un momento d’oro e la canzone è pensata per questo.
Rocco Hunt - “Mille vote ancora”
Rocco Pagliarulo (Rocco Hunt) con Kende, Marco Salvaderi, Davide Simonetta, Simone Tognini, Paolo Antonacci, Lorenzo Santarelli
Neapolitan power, con tutti gli elementi al loro posto: nella prima strofa compaiono le parole “strada” e “quartiere”, si unisce italiano e dialetto, c’è una cassa dritta e c'è una chitarra, melodia e rap si fondono con rivendicazione delle proprie origini: “Mi ricordo una strada/ un quartiere qualunque/Tumasse criaturo pe' correre/Un bambino che sogna pure se non ha niente. Ogni giorno è un regalo/Mille vote ancora e ridere/Mille vote ancora e chiagnere/Mille vote ancora a casa mia”
Irama - “Lentamente”
Irama, Blanco, Michelangelo e Giuseppe Colonnelli.
Torna a Sanremo con una ballata sulla fine di una storia con un testo che lui definisce “crudo e allo stesso tempo trasparente”: “Cerco il tuo sguardo ma ti giri dall'altra parte/Ma non so più come dirtelo/Vederci appuntamenti nascosti in ristoranti costosi/Ma non cambia niente/Lentamente si sta spegnendo/Ogni fottuto sentimento”.
È fatta per esaltare la sua voce, con crescendo finale di batteria e orchestra alla “Fix you” dei Coldplay. Sarò la volta buona per Irama? Nel settore ballate quest’anno la concorrenza è fortissima, però, e c’è di meglio. Da risentire e vedere sul palco.
Emis Killa - “Demoni”
Emis Killa, Mattia Cerri, Niccolò Lazzarin (Cripo), Marco Cerri e Federica Abbate.
Una canzone che racconta un amore tossico, con immaginario noir (vengono citati i Narcos di Cali, il Fentanyl, le molotov) ma senza strofe che possono generare controversie e un approccio pop/cassa dritta/coloriture elettroniche tra EDM e Fred Again: “Si sono pazzo lo so/Andrò all'inferno da solo/E sono fuori di me ma ancora fatto di te/Sotto una pioggia di molotov/Tanto già so che finirà così/C'est la vie”. Potrebbe essere la “Cenere” di quest’anno.
The Kolors - “Tu con chi fai l’amore”
Stash, Davide Petrella, Calcutta, Simone Tognini (Zef).
Inizia con un piano elettrico vintage, poi entra l’inconfondibile cassa dritta: l’accoppiata Kolors-Calcutta unisce due mondi apparentemente distanti. Da un lato i Kolors riportano il loro modello di canzone pop-disco, dall’altro il testo ricorda quasi Raffaella Carrà: “Mi piaci un minimo/Mi aspetti a Mykonos/In ogni rendezvous/Bugie si dicono/Chi non è libero/Chi non c'ha il fisico/Stasera non mi importa più/Tu con chi fai l’amore/Stasera, domani, chissà”. Iper-radiofonica.
Achille Lauro - “Incoscienti giovani”
Achille Lauro, Paolo Antonacci, Davide Simonetta, Daniele Nelli, Gregorio Calculli
Un’altra ballata delicata, con alcune buone trovate come l’invocazione ripetuta “Oh bambina” all’inizio delle strofe, e un ritornello, con un’aria nostalgica sul crescere per strada: “Se non ti amo fallo tu per me/Ti cercherò in un vecchio film/Per sempre noi incoscienti giovani”. L’assolo finale di sax è vendittiano, ma tra le tante ballate di quest’anno è tra le migliori per scrittura e arrangiamento. Secondo Lauro è “un brano ispirato a una storia vera, nata ai bordi del raccordo anulare”
Francesca Michielin - “Fango in paradiso”
Francesca Michielin, Davide Simonetta e Alessandro Raina
Lei la racconta come una revenge song alla Taylor Swift (“Quante volte mi avrai fatto il cinema/Dentro a quel supermercato/Non so se l'avevi considerato Che uno dei due sarebbe stato da schifo/ ma va bene va bene va bene così non mi aspetti nulla di sensato”). “Fango in paradiso” è una ballata che è il seguito di “Nessun grado di separazione”, ma con un ritornello amaro: "Non c'è più il soffitto/Chissà con chi farai un figlio/Se poi cambierai indirizzo/Se c'è fango in paradiso”.
Modà - “Non ti dimentico”
Francesco Silvestre
I Modà fanno se stessi con una canzone pop-rock basata sul crescendo e sul romanticismo, che piacerà ai fan della band, meno agli altri: “E non te l'ho mai detto che mentre ti baciavo/Tenevo aperti gli occhi e di nascosto ti osservavo/Sembravi una canzone che mi squarciava il petto/Un quadro di Kandinsky dove immaginarmi tutto/Ma è l'ora del ritorno/È l'ora del coraggio/Forse è vero siamo fatti tutti e due per qualcun altro/Ma io non ti dimentico“
Noemi - “Se t’innamori muori”
Mahmood, Blanco e Michelangelo
Noemi fa Noemi, con una canzone che esalta la sua bella voce, che graffia quando si alza. La ballata ha tre firme importanti, è una canzone d’amore che al primo ascolto però non decolla - da risentire sul palco con l’orchestra: “Perché è impossibile scordare quelle notti, Con il sorriso e con le borse sotto gli occhi/La sensazione che se ti innamori muori, serenamente”
Olly - “Balorda nostalgia”
Olly, Julien Boverod (Jvli) e Pierfrancesco Pasini
Altro artista che arriva a Sanremo dopo un periodo d’oro e si gioca la carta della ballata nostalgica, che però parla ad un pubblico più giovane rispetto ad agli altri colleghi/colleghe: “Non so più quante volte ti ho cercato/Per quegli occhi, per quegli occhi che fanno da luna/Non so più quante notti ti ho aspettato/Per finire a ingoiare tutta la paura/Di rimanere sola/In questa stanza buia/Solo tu sei la cura per me”
Domanda: si può essere già nostalgici a 23 anni? Evidentemente sì, e funziona. Da tenere d’occhio perché si potrebbe giocare un podio.
Willie Peyote - “Grazie ma no grazie”
Willie Peyote, Daniel Bestonzo, Luca Romeo e Raige.
La canzone più densa e sociale di questo Festival: una base funky, con una chitarra e Willie che canta e rappa, con un ritornello efficace: “Dovresti andare a lavorare e non farti manganellare nelle piazze/Grazie ma no grazie/Questa gente non fa un cazzo li mantengo tutti io con le mie tasse/Grazie ma no grazie”
Alla fine la tanto attesa citazione dei Jalisse (“E c'hai provato anche più volte dei Jalisse ma l'insistenza non è mai così di classe”) è la cosa meno rilevante di un pezzo che ricorda il primo Daniele Silvestri, nel migliore dei modi.
Massimo Ranieri - “Tra le mani un cuore”
Tiziano Ferro, Nek, Giulia Anania e Marta Venturini.
Altro artista che va sul sicuro, facendosi accompagnare da un parterre de roi di autori, per una canzone dall’arrangiamento minimale (almeno nella versione di studio), con la voce punteggiata da un sax nella prima parte e dall’orchestra nella seconda, con l’inevitabile crescendo. Un testo romantico, su come proteggere qualcuno dalle sofferenze: “Se hai tra le mani un cuore tu tienilo in alto e amalo in ginocchio su un altare che ogni tua ferita lo farà sanguinare”
Rkomi - “Il ritmo delle cose”
Rkomi, Jacopo Ettorre, Matteo Pierotti (Matteo Alieno), Francesco Catitti (Katoo), Luca Faraone e Shablo.
Inizia rappando, continua con una cassa dritta: Rkomi, dopo il passaggio incolore di due anni fa, torna con un pezzo che lo riporta almeno in parte alle sue origini, ma con una dimensione più pop che rock: “Questo caos che forma/ Il ritmo delle cose il ritmo che ci muove ci corre nella gola e ci spezza le parole è il ritmo delle cose”. Radiofonica, l’altra candidata a neo-"Cenere" di questa edizione.
Shablo con Guè, Joshua e Tormento - “La mia parola”
Shablo, Guè, Joshua, Tormento, Edoardo Medici, Luca Faraone, Roberto Lamanna, Ernesto Conocchia (Ralph Lautrec)
Vibrazioni di hip-hop classico, con barre che si alternano al ritornello che arriva subito in apertura, giusto per mettere le cose in chiaro: “È una street song/Per dare quello che ho/Brucerò fino alla fine/Chiuso tra cemento e smog/È una street song/Qui la gente muore e vive/Senza soldi e alternative/
L’incedere ricorda un po’ “California love” di Tupac: sicuramente una delle operazioni più interessanti, da vedere la resa sul palco.
Joan Thiele - “Eco”
Joan Thiele, Federica Abbate, Mace e Emanuele Triglia
Un grande arrangiamento (produzione di Emanuele Triglia con la stessa Joan Thiele) che usa come “reference” Amy Winehouse, per una delle canzoni più belle e sofisticate di quest’anno: “E ti giuro se il tempo è una linea che cambia/Sarò la tua eco e poi mai la distanza che corre tra il mondo e le cose/Ma se ci sei tu, sì, resto calma”
Sarah Toscano - “Amarcord”
Sarah Toscano, Jacopo Ettorre, Federica Abbate, Federico Mercuri, Giordano Cremona (sono Merk & Tremont), Leonardo Grillotti e Eugenio Maimone
Canzone che rientra nella categoria "cassa dritta”, strizzando l’occhio alla radio. Un gruppo di autori di primo piano, ma la canzone è una delle più deboli al primo ascolto: “Anche se ti scorderò in un club il sabato/È tutto cosi Amarcord/comico e tragico”
Rose Villain - “Fuorilegge”
Rose Villain, Federica Abbate, Niccolò Lazzarin (Cripo) e Andrea Ferrara.
Brano che ricalca ed espande un po’ la struttura dell’anno scorso, con l’alternanza di parti melodiche classiche che anticipano accelerazioni e strofe ritmate, a cui si aggiungono una scelta interessante ed elettronica sul ritornello, e una parte quasi gospel: “Mi rigiro nel letto, non dormo più/Vorrei saperti dire di no/C'è quel film che ti piaceva alla TV/Sembra che stia parlando di noi(Se pensarti fosse un crimine stanotte io sarei/Fuorilegge”.
Una canzone non semplicissima da portare sul palco, anche se si poteva osare di più.